mercredi 6 mars 2019

Biennale, il nuovo è un linguaggio che fa parlare le arti Biennale


Biennale, il nuovo è un linguaggio che fa parlare le arti
William Forsythe 

Presentato il programma dei festival 2019: Danza (dal 21 al 30 giugno), Teatro (dal 22 luglio al 5 agosto), Musica (dal 27 settembre al 6 ottobre)
di ANNA BANDETTINI

Almeno dai tempi della direzione di Carmelo Bene, di Luca Ronconi e, in generale, dagli anni Settanta, i festival delle arti dal vivo della Biennale di Venezia, teatro, musica - e molto più avanti, dal '99, la danza - sono interessanti occasioni di scoperta. Certo, è difficile dire cosa sia nuovo nel mondo dello spettacolo oggi, ma se parliamo di rovesciamento del tradizionale modo di creare, di irruzione di linguaggi inediti, di esplorazione di orizzonti geografici e artistici lontani, di "luogo di ricerca", per usare la definizione della Biennale dal presidente dell'istituzione veneziano, Paolo Baratta, allora tutto diventa più chiaro: che siano le estensioni robotiche musicali di Aperghis in Thinking Things in programma quest'anno nel festival di musica, o la "danza" del battito di ciglia della brasiliana Michelle Moura che si vedrà a Venezia in calendario per la danza.

Biennale, il nuovo è un linguaggio che fa parlare le arti

E dalla finestra sul contemporaneo che spalanca la Biennale è anche interessante notare gli elementi di intersettorialità, che sempre più si stanno sviluppando tra le arti come confermano i programmi dei festival 2019 dove non mancano accavallamenti stimolanti di linguaggi: nei dieci giorni di Danza dal 21 al 30 giugno selezionati dalla coreografa Marie Chouinard intorno al tema del danzatore "artista del corpo, dello spazio, del tempo"; nelle due settimane di serrato calendario del festival di Teatro di Antonio Latella dal 22 luglio al 5 agosto dedicato quest'anno alle "drammaturgie", intese non solo come "narrazione di parole", ma "sinergia tra testo, attori, formazione del pubblico", fino al sempre colto e stimolante festival di Musica dal 27 settembre al 6 ottobre che il direttore Ivan Fedele ha orientato verso artisti e produzioni del "vecchio continente".
E se il "nuovo" nelle arti è ibridazioni e intrecci, a Venezia lo prova innanzitutto la scelta dei Leoni d'oro: quello ad Alessandro Sciarroni per la danza (e al festival si vedranno due suoi lavori Your Girl e Augusto), che già ha creato molte discussioni sul web perché è un riconoscimento controcorrente a un performer dopo che in passato era stato dato a grandi nomi della coreografia a cominciare da Carolyn Carlson o Merce Cunningham. Ma un segno diverso è anche quello al tedesco Jens Hillje, dramaturg alla tedesca, perché parliamo di uno scrittore che è anche coordinatore di spettacoli e di pubblico; come pure è inconsueto Leone musicale all'inglese George Benjamin il cui linguaggio ambisce a essere percepito dal più vasto pubblico e di cui verrà presentata la versione concertistica di Written on skin.

Biennale, il nuovo è un linguaggio che fa parlare le arti
Chico e Matijevic

E infatti sono le curiosità la ricchezza dei tre programmi (consultabili sul sito della Biennale). Per la Danza oltre ai classici Sasha Waltz, Daniel Léveillé, William Forsythe, non è da perdere Bára Sigfúsdóttir che insieme al compositore e trombettista norvegese Eivind Lønning, fra i nomi di maggior spicco nel panorama musicale nordeuropeo, perlustra il rapporto tra il movimento della danza e il silenzio, o l'austriaca Doris Uhlich che fa ballare artisti disabili o ancora Giuseppe Chico e Barbara Matijevic che mostrano come il web incida sulle azioni di un danzatore.

Biennale, il nuovo è un linguaggio che fa parlare le arti
Bara Sigfusdottir e Eivind Lonning

Tra le coniugazioni (e non contaminazioni come tiene a precisare il direttore Ivan Fedele) più interessanti, nel festival della Musica, c'è Songbook, che unisce un quartetto rock, un ensemble classico amplificato e il live electronics, dell'autore-performer Matteo Franceschini, il Leone d'argento di quest'anno, o la visionaria ricerca di nuove sonorità di Nomaden,  del compositore tedesco Joël Bons che intreccia strumenti di diverse culture geografiche, dal duduk armeno al setar iraniano al tombak siriano, e ancora l'acclamata arpista Elena Battigelli che intreccia l'elettronica a uno strumento dalle sonorità antiche. Senza tralasciare Filippo Perocco e Lucia Ronchetti, importanti artisti della musica contemporanea italiana, che presentano due lavori "teatrali" con i testi del poeta e saggista russo-americano Eugene Ostashevsky, oltre all'apporto scenografico e registico di Antonino Viola e Antonello Pocetti. Così come il complesso fiammingo Hermes Ensemble, fondato nel 2000 dal direttore Koen Kessels, che presenta i lavori di Wim Henderickx e Vykintas Baltakas sono concepiti con l'artista visivo e musicista newyorchese Kur.

Biennale, il nuovo è un linguaggio che fa parlare le arti
Hermes Ensemble

Se queste forme di  ibridazione, sempre più frequenti nell'arte contemporanea, hanno sviluppi inediti anche sulle specifiche forme espressive, sarà interessante verificare ciò che accade nel Teatro. Il festival  non a caso aprirà il suo calendario con Heiner Müller, il drammaturgo tedesco che a partire in particolare dagli anni Sessanta ha smontato la drammaturgia tradizionale e che a Venezia si vedrà con Mauser nella messa in scena del serbo Oliver Frljic, artista tra i più radicali della scena dell'est europeo. Interessante si preannuncia la "scoperta" di due artiste australiane già molto note nel loro continente, Susie Dee e Patricia Cornelius. La drammaturgia che  a partire dalla tradizione prenderà altre strade, è il Cechov di Il giardino dei ciliegi diretto da Alessandro Serra, artista su cui si stanno dirottando molte attenzioni dopo l'emozionante Macbettu, ma anche - restando orgogliosamente in Italia - i lavori di un giovane autore e regista come il napoletano Pino Carbone che arriva a Venezia col sostegno di Teatri Uniti, e l'ormai illustre Lucia Calamaro con la sua novità, Nostalgia di Dio.

Ma scoperta e novità vuol dire anche ricerca di giovani talenti scouting e la Biennale, da una saggia intuizione del presidente Baratta, lo fa ormai in modo istituzionale con la Biennale college che non solo mette in contatto per dieci giorni artisti alle prime armi con i grandi maestri, ma sostiene ogni anno la produzione di esordienti selezionati: dai quattro lavori di teatro musicale di giovani compositori della Musica, ai due registi prodotti dalla Biennale Teatro (e quest'anno verranno selezionati anche lavori drammaturgici) alla giovane coreografa emersa nel College Danza dello scorso anno.