mardi 28 février 2017

Ahmad Joudeh, il Billy Elliot siriano che ha combattuto l'Isis e ballato con Bolle


Dopo aver superato le vessazioni del padre, le bombe della guerra e l'odio dell'Isis il 27enne ballerino siriano palestinese ha coronato il suo sogno: incontrare il suo idolo di sempre
A decidere è stata la forza del suo sogno, la determinazione, l'ostinazione a non mollare nemmeno davanti alle botte del padre prima, e poi alle bombe della guerra in Siria, alle minacce dei terroristi dell'Isis, alla distruzione di casa sua e del teatro a Damasco. Sì, perchè non tutte le storie di rifugiati siriani sono spietate e fanno rabbrividire e quella di Ahmad Joudeh, 27 anni, ballerino, fatta di dolore e felicità, dramma e gioia, guerra e pace, sogni e realtà è andata bene. Oggi, ad Amsterdam dove studia e danza dall'estate 2016, grazie a una catena di solidarietà, Ahmad è finalmente raggiante, felice.

“E' il potere salvifico dell'arte, della danza che diventa una speranza. Qui ha portato una luce nella vita di Ahmad e lo ha salvato. Piccole gocce in un mare di dolore, ma che sono un segnale importante” commenta con un po' di emozione Roberto Bolle, star internazionale del balletto, entrato senza saperlo in questa storia che ora, però, ha preso a cuore e racconta, diffonde, sostiene.  “A novembre ero al Dutch National Ballet e mi dicono che c'è un ragazzo siriano che mi vuole conoscere. Ci incontriamo, era Ahmad: tremava, piangeva era emozionato. Poi mi ha svelato tutto ed è stato commovente per me”.Ricorda Ahmad: “È vero perchè Bolle era il mio idolo e nelle sue coreografie che studiavo dai video, ho trovato la ragione, la forza per andare avanti  a fare il danzatore in un mondo come quello arabo dove danzare è considerata una sciagura. La cultura islamica proibisce la danza, per gli uomini poi, è considerata poco mascolina. Perciò sono diventato bersaglio dell'odio dell'Isis”.

Sono ricordi incredibili quelli di Ahmad. “Sono un siriano palestinese cresciuto nel campo profughi di Yarmouk, a  Damasco. A danzare cominciai presto, era il mio sogno, ma lo facevo di nascosto, perchè tutta la mia famiglia era contro. Studiavo sul tetto di casa. Una volta che mio padre mi scoprì presi tante di quelle bastonate. Ma io andavo avanti. Nessuno poteva fermare il mio sogno. Sempre di nascosto facevo gli allenamenti all'Enana Dance Theatre, mi sono diplomato all'Higher Institute for Dramatic Arts, a Damasco e dall'età di 17 anni davo lezione ai bambini. Poi nel 2011 la guerra”.

La casa di Ahmad viene bombardata  quasi subito, muoiono cinque membri della sua famiglia, lui trova ricovero in una tenda nel tetto della casa di amici. Si allenava lì, sentendo le bombe nemmeno troppo lontane; nel 2014, partecipa anche alla versione araba del talent So you think you can dance. “Ma nel frattempo ero ricercato dall'Isis, perchè non solo danzavo ma insegnavo ai bambini a farlo. Inaccettabile. Per reazione mi sono tatuato la scritta “Dance or die” sul collo, dietro la nuca dove i loro boia infilano la lama del coltello per tagliare la testa, così lo avrebbero saputo anche loro:non ci sono altre strade per me, se non la danza. E insegnarla ai bambini orfani che hanno perso i genitori in guerra era un modo per salvarli. Per questo ho anche voluto danzare nel teatro di Palmyra dove l'Isis ha ammazzato centinaia di persone”. 

Proprio da lì il giornalista olandese, Roozbeh Kaboly, ha conosciuto la storia di Ahmad e ne ha fatto un documentario, un simbolo concreto della guerra contro l'Isis. Il film va in onda nella tv olandese, e il resto è un sogno che si avvera. “Il Dutch National Ballet mi ha invitato a studiare e sono potuto partire”. Il direttore, Ted Brandsen , ha anche aperto una campagna di raccolta fondi “Dance for Peace” (www.danceforpeace.nl), che ha permesso il soggiorno e il mantenimento agli studi per Ahmad e in futuro, se arriveranno altre donazioni, speriamo anche per altri danzatori siriani. Ahmad ha iniziato i quattro anni di training  come studente a settembre e lo scorso dicembre ha anche debuttato come comparsa col Dutch National Ballet in Coppélia, cui poi è seguito  l'attesissimo incontro con Bolle.

“Bellissimo. Non stavo più nella pelle. Bolle è sempre stato il mio idolo. Da bambino studiavo i suoi balletti di nascosto guardando i video sull'iPad, cercavo di rifare i suoi movimenti, di danzare come lui” dice Ahmad. E Bolle: “Mi ha confessato che non dormiva da due giorni, perchè in me vedeva il suo sogno realizzato. Sono orgoglioso di questo perchè che un ragazzo come me possa aver vissuto,  a poca distanza da me,  esperienze così dolorose e drammatiche, mi colpisce”.

Con l'Unicef Bolle è stato tante volte in Sud Sudan, nella Repubblica Centro africana a portare aiuti, “ma è un'altra realtà, di povertà, sofferenza, ma non di distruzione, ferocia come in Siria. Che la vita di Ahmad sia cambiata fa bene anche a me, a noi tutti , perchè vuol dire che chi ha un sogno ha  vantaggi uguali ai nostri”, dice l'etoile che il 28 e 29  sarà di nuovo a Milano a grande richiesta agli Arcimboldi con il suo Gala, poi in marzo a Bologna, aprile e maggio alla Scala, il 2 giugno alla Royal Opera House di Londra con Marguerite and Armand, il 20giugno nell'Oneghin al Met con l'American Balett, l' 11 luglio a Caracalla di nuovo col suo Gala.
E insieme Roberto e Ahmad balleranno mai insieme? “Mi piacerebbe - è la risposta di Bolle - Lui ora deve studiare, ma se è vero che sono il suo idolo, sarebbe un altro sogno che diventa realtà ma anche un'altro sconfitta contro chi vuole solo la guerra”.

Voir l'article sur le site de la Repubblica

Aucun commentaire:

Enregistrer un commentaire