Dopo aver superato le vessazioni del padre, le bombe della
guerra e l'odio dell'Isis il 27enne ballerino siriano palestinese ha coronato
il suo sogno: incontrare il suo idolo di sempre
A decidere è stata la forza del suo sogno, la determinazione,
l'ostinazione a non mollare nemmeno davanti alle botte del padre prima, e poi
alle bombe della guerra in Siria, alle minacce dei terroristi dell'Isis, alla
distruzione di casa sua e del teatro a Damasco. Sì, perchè non tutte le storie
di rifugiati siriani sono spietate e fanno rabbrividire e quella di Ahmad
Joudeh, 27 anni, ballerino, fatta di dolore e felicità, dramma e gioia, guerra
e pace, sogni e realtà è andata bene. Oggi, ad Amsterdam dove studia e danza
dall'estate 2016, grazie a una catena di solidarietà, Ahmad è finalmente
raggiante, felice.
“E' il potere salvifico dell'arte, della danza che
diventa una speranza. Qui ha portato una luce nella vita di Ahmad e lo ha
salvato. Piccole gocce in un mare di dolore, ma che sono un segnale importante”
commenta con un po' di emozione Roberto Bolle, star internazionale del
balletto, entrato senza saperlo in questa storia che ora, però, ha preso a
cuore e racconta, diffonde, sostiene. “A novembre ero al Dutch National
Ballet e mi dicono che c'è un ragazzo siriano che mi vuole conoscere. Ci
incontriamo, era Ahmad: tremava, piangeva era emozionato. Poi mi ha svelato
tutto ed è stato commovente per me”.Ricorda Ahmad: “È vero perchè Bolle era il mio idolo
e nelle sue coreografie che studiavo dai video, ho trovato la ragione, la forza
per andare avanti a fare il danzatore in un mondo come quello arabo dove
danzare è considerata una sciagura. La cultura islamica proibisce la danza, per
gli uomini poi, è considerata poco mascolina. Perciò sono diventato bersaglio
dell'odio dell'Isis”.
Sono ricordi incredibili quelli di Ahmad. “Sono un
siriano palestinese cresciuto nel campo profughi di Yarmouk, a Damasco. A
danzare cominciai presto, era il mio sogno, ma lo facevo di nascosto, perchè
tutta la mia famiglia era contro. Studiavo sul tetto di casa. Una volta che mio
padre mi scoprì presi tante di quelle bastonate. Ma io andavo avanti. Nessuno
poteva fermare il mio sogno. Sempre di nascosto facevo gli allenamenti
all'Enana Dance Theatre, mi sono diplomato all'Higher Institute for Dramatic
Arts, a Damasco e dall'età di 17 anni davo lezione ai bambini. Poi nel 2011 la
guerra”.
La casa di Ahmad viene bombardata quasi
subito, muoiono cinque membri della sua famiglia, lui trova ricovero in una
tenda nel tetto della casa di amici. Si allenava lì, sentendo le bombe nemmeno
troppo lontane; nel 2014, partecipa anche alla versione araba del talent So
you think you can dance. “Ma nel frattempo ero ricercato dall'Isis, perchè
non solo danzavo ma insegnavo ai bambini a farlo. Inaccettabile. Per reazione
mi sono tatuato la scritta “Dance or die” sul collo, dietro la nuca dove i loro
boia infilano la lama del coltello per tagliare la testa, così lo avrebbero
saputo anche loro:non ci sono altre strade per me, se non la danza. E
insegnarla ai bambini orfani che hanno perso i genitori in guerra era un modo
per salvarli. Per questo ho anche voluto danzare nel teatro di Palmyra dove
l'Isis ha ammazzato centinaia di persone”.
Proprio da lì il giornalista olandese, Roozbeh
Kaboly, ha conosciuto la storia di Ahmad e ne ha fatto un documentario, un
simbolo concreto della guerra contro l'Isis. Il film va in onda nella tv
olandese, e il resto è un sogno che si avvera. “Il Dutch National Ballet mi ha
invitato a studiare e sono potuto partire”. Il direttore, Ted Brandsen , ha
anche aperto una campagna di raccolta fondi “Dance for Peace” (www.danceforpeace.nl), che ha
permesso il soggiorno e il mantenimento agli studi per Ahmad e in futuro, se
arriveranno altre donazioni, speriamo anche per altri danzatori siriani. Ahmad
ha iniziato i quattro anni di training come studente a settembre e lo
scorso dicembre ha anche debuttato come comparsa col Dutch National Ballet in Coppélia, cui poi è
seguito l'attesissimo incontro con Bolle.
“Bellissimo. Non stavo più nella pelle. Bolle è
sempre stato il mio idolo. Da bambino studiavo i suoi balletti di nascosto
guardando i video sull'iPad, cercavo di rifare i suoi movimenti, di danzare come
lui” dice Ahmad. E Bolle: “Mi ha confessato che non dormiva da due giorni,
perchè in me vedeva il suo sogno realizzato. Sono orgoglioso di questo perchè
che un ragazzo come me possa aver vissuto, a poca distanza da me,
esperienze così dolorose e drammatiche, mi colpisce”.
Con l'Unicef Bolle è stato tante volte in Sud
Sudan, nella Repubblica Centro africana a portare aiuti, “ma è un'altra realtà,
di povertà, sofferenza, ma non di distruzione, ferocia come in Siria. Che la
vita di Ahmad sia cambiata fa bene anche a me, a noi tutti , perchè vuol dire
che chi ha un sogno ha vantaggi uguali ai nostri”, dice l'etoile che il
28 e 29 sarà di nuovo a Milano a grande richiesta agli Arcimboldi con il
suo Gala, poi in
marzo a Bologna, aprile e maggio alla Scala, il 2 giugno alla Royal Opera House
di Londra con Marguerite and Armand, il 20giugno nell'Oneghin al Met con l'American Balett, l' 11
luglio a Caracalla di nuovo col suo Gala.
E insieme Roberto e Ahmad balleranno mai insieme?
“Mi piacerebbe - è la risposta di Bolle - Lui ora deve studiare, ma se è vero
che sono il suo idolo, sarebbe un altro sogno che diventa realtà ma anche
un'altro sconfitta contro chi vuole solo la guerra”.
Voir l'article sur le site de la Repubblica
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