di RODOLFO
DI GIAMMARCO
Si intitola
'Between Worlds' l'edizione di quest'anno del festival nella capitale dal 19
settembre al 25 novembre
È orientata a mediazioni e conciliazioni tra opposti, a riflessione e accoglienza, e fa affidamento su artisti di ventiquattro paesi di quattro continenti, la 33ma edizione del Romaeuropa Festival che col marchio Between Worlds dà appuntamento dal 19 settembre al 25 novembre sulla scena romana. Il Festival diretto da Fabrizio Grifasi, con Monique Veaute presidente della Fondazione, rende sempre più culturalmente consistente, disciplinarmente innovativo e numericamente stellare il suo programma: 27 i luoghi impegnati nella Capitale, 68 i progetti, 168 le repliche, 38 le prime nazionali, 29 i titoli internazionali, più di 60 le compagnie di cui 40 per la prima volta al Festival, e un ensemble d'un totale di 311 artisti. Stavolta il REf18 ha un prologo, basato sul progetto "120 motivi in più per tornare nelle Valli Reatine", promosso da Mibact e Regione Lazio, in calendario a giugno in alcune delle zone colpite dal sisma: Ascanio Celestini a Cittareale e ad Amatrice, Alessandro Baricco nelle stesse due città, e Danza Aerea - Compagnia il Posto ad Accumuli e Cittareale. "Importanti momenti verso la rinascita" commenta Nicola Zingaretti. E Onofrio Cutaia, per il Mibact, s'associa nel sostenere l’iniziativa.
Ad aprire il calendario ufficiale sarà, il 19 settembre, il coreografo burkinabé Sergè-Aime Coulibaly e il suo Fao Dance Théatre con Kirina, e a chiudere la manifestazione, il 25 novembre, sarà un "gran finale" in coproduzione con Fondazione Musica per Roma coinvolgente tutte le sale. Quanto alla struttura, l'articolazione prevede tre percorsi, Storie, Visioni e Suoni, la sezione Digitalive a cura di Federica Patti, Dancing Days a cura di Francesca Manica, REfKIDS a cura di Stefania Lo Giudice, Anni Luce a cura di Maura Teofili. Il capitolo delle Storie ha in serbo lo svizzero Milo Rau con la sua ultima produzione teatrale The Repetition sull'esperienza del tragico nell'era post-industriale, e col suo film The Congo Tribunal; la regista argentina Lola Arias in scena con Minefield, confronto tra veterani argentini e inglesi della guerra delle Falklands/Malvinas; la Great Jones Repertory Company nata al La MaMa di New York associata ai Motus per PANORAMA; la giovane Caroline Guiela Nguyen che con la sua compagnia trasforma il teatro in un ristorante vietnamita in Saigon; la coreografa cinese Wen Hui col maoismo anni '50-70 di Red - A documentary performance; il coreografo libanese Omar Rajeh che in Minaret mostra la distruzione della città di Aleppo; l’Agrupacion Senor Serrano con Kingdom accostato a King Kong; l’iraniano Ali Moini con My Paradoxical Knives; l’argentina Cecilia Bengolea e il francese François Chaignaud con DFS.
La sezione delle Visioni comprenderà The Prisoner di Peter
Brook (e Marie Hèlène Estienne), il riallestimento di Tango glaciale di Mario
Martone del 1982 cui hanno collaborato anche Raffaele di Florio e Anna Redi;
Nudità con Virgilio Sieni e Mimmo Cuticchio; Quasi niente che Daria Deflorian e
Antonio Tagliarini hanno ricavato da Deserto Rosso di Antonioni; un recupero
integrale dell'Orestea di Eschilo ad opera di Anagoor, e, tra l'altro, gli
israeliani Sharon Eyal e Gai Behar con Love Chapter 2, il duo Tsirihaka
Harrivel & Vimala Pons col music-hall Grande, e il coreografo Hofesh
Shechter con Grand Finale. Per
i Suoni citiamo il teatro musicale di The diary of One who Disappeared del
regista Ivo Van Hove con il Toneelgroep Amsterdam, mentre il Solistenensemble
Kaleidoskop realizza insieme a Luigi De Angelis e a Marco Cavalcoli un lavoro
sui Balletti Russi di Djagilev. Nei Dancing Days troviamo il greco Christos
Papadopulos con Opus, l'olandese Keren Levi, la norvegese Ingrid Berger Myhre,
i viennesi Luke Baio e Dominik Grunbuhel, il nostro Salvo Lombardo.
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